Aperture domenicali: alla Camera parte l’iter per regolamentarle
Il dibattito sulle aperture domenicali delle attività commerciali torna sulla ribalta.
Nella giornata di giovedì 6 settembre, la commissione Attività produttive della Camera ha infatti avviato l’iter per rivedere le liberalizzazioni del governo Monti in merito agli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.
In sostanza, l’idea è quella di ritornare alla chiusura domenicale.
In commissione, sono state presentate due proposte di revisione della disciplina degli orari dei negozi: una ha come primo firmatario Barbara Saltamartini (Lega), l’altra Davide Crippa (M5s).
Nella versione a firma Saltamartini sono le regioni, sentiti gli enti locali, a mettere a punto il calendario: le uniche deroghe concesse sono quattro domeniche di dicembre e altri quattro giorni, fra domeniche e festivi, nel corso di un anno. Le attività commerciali situate in località turistiche, di montagna e balneari possono mantere le aperture domenicali.
Nella proposta elaborata dal M5S spetta sempre alle regioni stabilire le nuove regole prevedendo dei turni fra i negozi che però non potranno essere aperti per più di una domenica al mese.
Tra le proposte all’esame dei deputati, c’è anche un provvedimento a firma di Gianluca Benamati (Pd) che riproduce il testo unico, e dunque sul quale si era registrato un consenso trasversale, approvato nella scorsa legislatura proprio a Montecitorio. In questo caso, la proposta prevede che per 12 giorni festivi l’anno gli esercizi commerciali devono rispettare orari di apertura e chiusura domenicale e festiva. Viene però consentito a ciascun esercente di vendita al dettaglio di derogare all’obbligo di chiusura fino ad un massimo di sei giorni.
In merito alla regolamentazione delle aperture domenicali, Confcommercio sia da Confersercenti chiedono che ci sia un dialogo costruttivo tra le parti coinvolte. In una nota stampa, Confcommercio così ha commentato l’avvio dell’iter: «Confcommercio auspica che ci sia una fase di dialogo e di ascolto per affrontare il tema nel merito evitando gli errori del passato con l’obiettivo di tenere insieme le esigenze di servizio dei consumatori, la libertà delle scelte imprenditoriali e la giusta tutela della qualità di vita di chi opera nel mondo della distribuzione commerciale».
Per Confesercenti, invece, «Le liberalizzazioni delle aperture delle attività commerciali, introdotte dal governo Monti a partire dal primo gennaio 2012, avrebbero dovuto dare una spinta ai consumi, grazie all’aumento delle opportunità di acquisto per i consumatori. Ma che non sembra essersi trasformato in acquisti reali: nel 2017 le vendite del commercio al dettaglio sono state inferiori di oltre 5 miliardi di euro ai livelli del 2011, ultimo anno prima della liberalizzazione. È importante, a questo punto, arrivare ad una revisione dell’attuale regime con una norma condivisa e sostenibile. Noi non chiediamo di stare chiusi sempre, ma di restare aperti solo quando e dove necessario, come ad esempio nelle località turistiche».