Saldi invernali: in media ogni famiglia spenderà 325 euro per un totale di 5 mld
I saldi invernali del 2019, iniziati lo scorso 5 gennaio, dovrebbero sviluppare un giro d’affari complessivo di 5 miliardi di euro. Sono invece più di 15 milioni le famiglie che intendono approfittare delle vendite a prezzi scontati con una spesa media a famiglia di 325 euro, circa 140 euro pro capite. Questi sono alcuni dei dati elaborati da Confcommercio.
La tradizionale indagine dell’associazione mostra che la quota degli italiani intenzionata ad acquistare in saldo è pressoché invariata rispetto al 2018: 61,6%, contro il 61,4%. Ma nel 2010 la quota era pari al 69,3%.
Per quel che riguarda invece le categorie merceologiche che più delle altre saranno oggetto dello shopping nel periodo dei saldi invernali in pole position ci sono i capi di abbigliamento: 95,7% (+2%), seguono calzature (80,3%, in aumento del 3,2%), gli accessori (34%, -1,1%) e la biancheria intima (28,7%, -0,3%).
Sul fronte dei canali in cui verranno effettuati gli acquisti, i punti vendita tradizionali continuano a mantenere la leadership e saranno utilizzati dal 59% degli italiani. Ma la quota dell’online cresce: 18,9% contro il 15% del 2018. In crescita anche la quota dei dettaglianti che proporrà sconti superiori al 50%: 4,2% contro il 2,6% del 2018.
Per il 7% dei retailer inoltre, i saldi invernali rappresentano il 30% delle vendite complessive e per il 54% degli imprenditori, questa operazione consente di entrare in contatto con nuova clientela.
Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia, considera assolutamente positive le potenzialità offerte dalla stagione dei saldi invernali. «I saldi avranno la straordinaria opportunità di risvegliare i consumi. Noi commercianti potremo affrontare più sereni le prossime scadenze […]. Rinsaldare le relazioni con i clienti all’insegna della trasparenza del rapporto prezzo/qualità e della fiducia, con professionalità e servizio offerti nei negozi di prossimità: questo è il ‘mood’ che caratterizza questo particolare momento di vendite. Il 2018 si è chiuso con molte preoccupazioni per i commercianti che si vedono schiacciati da consumi che non decollano, concorrenza sleale del ‘wild’ web, costi incomprimibili e tasse sempre più asfissianti. Bene dunque l’aver sterilizzato per questo 2019 l’incremento di 2,2 punti percentuale dell’Iva che sarebbe schizzata dal 1° gennaio al 24,2%, ma occorre molto di più per rilanciare la nostra economia a partire dall’eliminazione delle clausole di salvaguardia che invece sono incrementate per valore, la riduzione del costo del lavoro e la previsione di una web tax per i colossi del web, vista la difficoltà di avere un’univoca norma comunitaria».