Intimo e calze: nei primi 9 mesi dell’anno, l’online si attesta al 16%
Nei primi nove mesi del 2020, l’incidenza dell’e-commerce sul fatturato sviluppato dalle vendite di abbigliamento intimo e calze si è attestata al 16%: il dato è pari al doppio di quello relativo al 2019. A favorire questo incremento è stato il lungo periodo di lockdown dei mesi da marzo a maggio 2020. Infatti, se nel bimestre gennaio/febbraio la quota delle vendite online sul giro d’affari del settore era pari all’8,6%; nel periodo da marzo a maggio il dato è salito al 37% per poi attestarsi al 12,9% nei mesi immediatamente successivi (giugno-settembre).
Questi sono alcuni dei dati che emergono dal Fashion Consumer Panel, la rilevazione continuativa mensile dei consumi fashion realizzata da Sita Ricerca. L’indagine rivela anche che nel periodo gennaio-settembre 2020, a valore le vendite di intimo e calze sono diminuite del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sebbene l’andamento non sia positivo è migliore di quello relativo al totale fashion Italia che riporta un calo del 25%. Inoltre, l’analisi dei singoli bimestri rivela che gennaio/febbraio si è chiuso a -1,9%; nel periodo marzo/maggio le vendite di intimo e calze hanno riportato una contrazione del 53,4%, ma alla riapertura, da giugno a settembre, si è verificata una ripresa: il trend rilevato da Sita Ricerca è pari a -2,7%.
I dati dell’Osservatorio Fashion ed Emergenza Sanitaria, l’indagine web su 800 casi, realizzata dall’istituto di ricerca a inizio novembre, mostrano che l’indice Fashion Sentiment, che misura l’umore dei consumatori nei confronti delle spese di abbigliamento, si attesta a quota 58, il dato più alto dallo scorso aprile. Quindi, nonostante la recrudescenza della crisi sanitaria il barometro dei consumatori nei confronti dell’abbigliamento è leggermente in crescita. Indicati dal 23% degli intervistati, gli acquisti di questa tipologia di prodotti restano in cima alle priorità di spesa dei consumatori italiani, subito dopo quella destinata ai beni e agli acquisti essenziali (salute, 60%; manutenzione casa, 37%; scuola/università per i figli, 29%).