Nei primi 9 mesi del 2022 fatturato a +15% per le maggiori multinazionali della moda
Nei primi nove mesi del 2022, le 78 maggiori multinazionali della moda, imprese con ricavi superiori al miliardo di euro ciascuna, hanno registrato una crescita media del fatturato del 18% (+15% a cambi costanti). In particolare, il mercato europeo ha spinto di più (+24%) insieme con quello americano (+19%, trainato dagli Stati Uniti), mentre l’Asia è stata penalizzata dalle restrizioni legate al Covid-19 (+3%).
Questi sono alcuni dati che emergono dal nuovo report sul Sistema Moda Mondo realizzato dall’Area Studi di Mediobanca. L’indagine analizza i dati finanziari delle maggiori multinazionali della moda, di cui 35 hanno sede in Europa, 29 in Nord America, 12 in Asia e due in Africa.
Lo studio rivela che le 78 maggiori multinazionali della moda nel 2022 stanno incrementando i propri listini mediamente del 6% in risposta ai rialzi dei costi produttivi (materie prime, mano d’opera e logistica) nonché alle pressioni valutarie.
Nel 2021 queste imprese hanno fatturato complessivamente 497 mld di euro (+26%), superando dell’8,5% i livelli pre-pandemici. In questo risultato, il 57% è stato generato dai player europei e il 33% dai nordamericani. Fra i 35 gruppi europei, l’Italia con le sue nove big è il paese più rappresentato a livello numerico, ma è la Francia, con una quota del 40% del fatturato aggregato, ad aggiudicarsi il primato per giro d’affari davanti a Germania (12%) e Regno Unito (11%), con l’Italia al 6%.
Tra le 78 multinazionali della moda al primo posto per fatturato si conferma LVMH (64,2 mld di euro). Seguono Nike (41,2 mld), la spagnola Inditex (27,7 mld) che controlla Zara, la tedesca Adidas (21,2 mld), EssilorLuxottica (19,8 mld), la svedese H&M (19,4 mld) e il gruppo svizzero Richemont (19,1 mld). Prima tra gli italiani Prada (3,4 mld), al 33° posto in classifica, seguita da Calzedonia Holding (46°), Moncler (52°) e Giorgio Armani (54°).
Anche la redditività supera i livelli pre-crisi: Ebit margin aggregato al 15,8% dal 9,1% del 2020 e 13,1% del 2019. Hermès si conferma al primo posto (Ebit margin al 40,1%), davanti a Chanel (35,3%) e LVMH (31,7% al netto della divisione “selective retailing”). Seguono Crocs (29,6%), Kering (28,4%) e Moncler (28,3%), prima italiana in classifica.
Sono in rialzo, ma ancora al di sotto dei livelli del 2019, gli investimenti: +20,6% sul 2020 e -5,9% sul 2019. Solo i gruppi asiatici hanno investito con intensità superiore (+22,7% sul 2019), mentre i player europei si fermano al -6% e quelli nordamericani arretrano tre volte tanto (-22,6%).
Il 39% della forza lavoro delle 78 multinazionali della moda ha mediamente meno di 30 anni: la maggiore concentrazione di occupati giovani è nelle aziende statunitensi (55%), le europee si fermano al 37% e le italiane si collocano sotto la media continentale (32%). I player europei utilizzano più contratti a tempo indeterminato (85%) rispetto agli statunitensi (79%). Nelle 78 multinazionali della moda la forza lavoro è impegnata prevalentemente nella rete di vendita e nella logistica (64%) e in misura minore negli uffici amministrativi (19%) e negli stabilimenti (17%).
Relativamente alla supply chain, i fornitori dei maggiori player mondiali della moda sono localizzati per il 62% in Asia, per il 29% in Europa e per il 7% nelle Americhe, con punte di oltre il 90% in Asia per il fast fashion e le calzature sportive. Il ricorso a fornitori asiatici è più marcato per i gruppi nordamericani rispetto a quelli europei (76% vs 44%) che concentrano nel Vecchio Continente oltre la metà dei propri fornitori (52%). Infine, un segnale inequivocabile dell’eccellenza del Made in Italy: mediamente oltre un quarto dei fornitori dei gruppi europei della moda ha sede in Italia, con picchi di oltre l’80% nella fascia alta del mercato.
Relativamente alla rete distributiva, nel 2021 sono lievemente aumentati i punti vendita a livello globale (+0,7% sul 2020) trainati dall’area asiatica (+4,2%), mentre sono in ridimensionamento quelli in Europa (-1,9%) e Nord America (-1,6%).