Negozi di prossimità: per il 64% degli italiani rafforzano il senso di appartenenza alla comunità
I negozi di prossimità tornano sulla ribalta. Un’indagine svolta da Confcommercio in collaborazione con SWG rivela, infatti, che gli italiani preferiscono vivere nei quartieri dove ci sono più punti vendita tradizionali. La ricerca è parte integrante del progetto Cities, che si occupa di contrasto alla desertificazione commerciale nelle città italiane e di sviluppo del valore sociale delle economie di prossimità.
Per l’88% degli intervistati, la presenza di punti vendita incide sulla scelta del quartiere nel quale vivere: solo una persona su 10 preferisce risiedere in una zona esclusivamente residenziale, senza servizi di prossimità.
Altrettanto significativi sono gli effetti della presenza delle attività commerciali sui valori immobiliari. Gli intervistati, infatti, sostengono che uno stesso immobile se collocato in una zona residenziale con molti negozi di prossimità potrebbe vedere crescere il proprio valore almeno del 20%, mentre in un quartiere dove sono in corso fenomeni di desertificazione commerciale potrebbe perderne il 15%.
Non solo. Ai negozi di prossimità gli italiani riconoscono anche un alto valore sociale. Per il 64% degli intervistati, infatti, rappresentano soprattutto un’occasione di incontro che rafforza l’appartenenza alla comunità. Inoltre offrono un servizio attento alle persone fragili (59%), oltre a essere un presidio di sicurezza (57%), una garanzia di cura dello spazio pubblico (54%) e un facilitatore dell’integrazione (49%).
Sul fronte dei consumi, gli acquisti quotidiani di farmaci (64%) e tabacchi (59%) vengono effettuati prevalentemente negli esercizi vicini all’abitazione. Al contrario, per abbigliamento (64%), alimentari a lunga conservazione (60%), accessori per la casa (60%) e prodotti di elettronica (53%) si prediligono i centri commerciali e le grandi strutture distributive (megastore, outlet, ecc.). Per queste categorie di prodotto, i punti vendita situati in centro città registrano percentuali di acquisto tra il 2% e il 5%. Tuttavia, a spingere gli italiani a fare shopping in zone diverse dal quartiere di residenza è anche l’esigua quantità di negozi di prossimità ancora aperti in queste aree.
L’indagine di Confcommercio, infatti, rivela come per il 46% degli intervistati nelle zone residenziali sia in calo il numero delle attività specializzate in abbigliamento, elettronica di consumo. E per il 42% la riduzione riguarda anche i punti vendita di alimentari.
La percezione dell’avanzamento della desertificazione porta con sé un forte sentimento negativo che spinge un italiano su cinque (22%) addirittura a ipotizzare di cambiare abitazione nel caso in cui il fenomeno dovesse acuirsi nella zona in cui abita. L’83% degli intervistati dichiara di provare un senso di tristezza di fronte alla chiusura dei punti vendita nelle strade della propria città e il 74% ritiene che tale fenomeno incida negativamente sulla qualità di vita nella zona di residenza.
Così Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio commenta i risultati di questa indagine: «La vera forza risiede nella capacità di innovare, di rimanere fedeli alla propria identità e di valorizzare ciò che rende unici i negozi di prossimità Made in Italy. Il futuro del fashion retail dipende dalla volontà di noi operatori commerciali, supportati dalle nostre associazioni e da un rapporto più stretto tra pubblico e privato, di saper vedere oltre l’immediato – che è sicuramente difficoltoso – investendo sulla qualità, sull’originalità e sulla relazione con il cliente. Solo così potremo continuare a stare sul mercato e a competere al meglio, contribuendo al benessere della nostra comunità e preservando il nostro patrimonio culturale».