Rifiuti tessili, l’appello di Slow Fiber: “Produrre meno, produrre meglio”

Foto di Pete Linforth da Pixabay
A ridosso del termine entro il quale il testo normativo UE sull’EPR tessile (Responsabilità Estesa del Produttore) dovrà essere recepito dagli ordinamenti nazionali, Slow Fiber lancia un appello affidandosi alle parole di Dario Casalini, fondatore e presidente dell’associazione nata nel 2022:
«Dobbiamo produrre di meno e meglio. Il riciclo, la circolarità, sono fondamentali, ma non devono essere gli unici obiettivi. Con la “scusa” del riciclo si continua ad avallare il modello di iperproduzione e iperconsumismo. La soluzione è fare bene dall’inizio, cambiando sia il modello di produzione sia quello di consumo».
Dal 1° gennaio 2025, infatti, è scattato in tutta l’Unione Europea l’obbligo di raccolta differenziata anche per i rifiuti tessili. Ed entro il primo quadrimestre 2025 il testo normativo UE sull’EPR tessile (Responsabilità Estesa del Produttore) dovrà essere recepito dagli ordinamenti nazionali. I produttori saranno responsabili dei rifiuti prodotti e dovranno pagare una tariffa per contribuire a finanziarne la raccolta e il trattamento: chi progetta e immette sul mercato prodotti tessili che hanno un impatto ambientale maggiore pagherà un eco-contributo più alto per finanziare i sistemi di responsabilità estesa.
Con la nuova normativa, ogni Comune deve predisporre sul proprio territorio appositi cassonetti dedicati, in cui i cittadini dovranno conferire abiti e accessori di abbigliamento, scarpe, tessuti di arredamento e biancheria per la casa. L’obiettivo è di intercettare la maggior quantità possibile di materiale tessile e, anziché avviarlo alla discarica, recuperarlo e riciclarlo per riutilizzare le fibre tessili.
«Il rifiuto tessile è complicatissimo. Perché andrebbe disassemblato. Se ha fibre miste, dovrebbero essere separate, e non sempre è possibile a livello meccanico o chimico.E poi andrebbero disassemblate le parti con composizioni disomogenee rispetto a quella che si vuole riciclare. La nostra idea è che si debba produrre molto meno e molto meglio, capi fatti per durare molto più a lungo. Per questo serve un cambiamento culturale su un doppio fronte, come consumatori e come produttori. La produzione deve cambiare, ridurre il volume, che è ormai ai livelli dell’usa e getta, e passare a un sistema di prodotti fatti bene, per durare e con valori di filiera forti», precisa Casalini.
Il timore espresso dal presidente della rete Slow Fiber è che il riciclo diventi un pretesto per non affrontare alla radice il problema della sovraproduzione e dell’iper-consumismo: “convincere il consumatore che ‘tanto si può riciclare’ rischia di farci cadere in questa trappola”.
Slow Fiber sostiene sia urgente ripensare invece i paradigmi stessi della produzione e del consumo, allontanarci dagli acquisti usa e getta per tornare a pensare che un oggetto, sia esso capo di abbigliamento o arredo o qualsiasi altra cosa, debba essere pensato e realizzato per durare il più a lungo possibile. Questo si può fare solo producendo beni di qualità. La gestione dei rifiuti tessili è fondamentale perché si comprano sempre più capi di abbigliamento e il tempo medio di utilizzo degli stessi si è ridotto. Ma affinché la soluzione sia efficace il cambiamento deve avvenire alla radice.
«Creare dei sistemi di responsabilità è utile, perché dovrebbe convincere il sistema a produrre molto meno. E questo per noi è un caposaldo. Così come è fondamentale poter inserire i prodotti a fine vita in cicli virtuosi. […]. Quello che non vorremmo che accadesse, dopo aver introdotto una responsabilità dei produttori, è continuare a spedire la maggior parte dei rifiuti tessili nel sud globale, oppure averne una percentuale gestita male. Ad oggi, tutti i rifiuti tessili confluiscono in un unico posto, ma poi devono essere separati per composizione, per il loro stato… Se ciò non avviene, non stiamo risolvendo il problema. La quantità attuale di capi prodotti e gettati è grandissima e continuerà a crescere, così com’è non è gestibile nel tempo, continuare a inseguirla è un palliativo»