Federazione Moda Italia chiede a Confindustria Moda di favorire il diritto di reso
Federazione Moda Italia chiede a Confindustria Moda “un’assunzione di responsabilità per condividere con il retail il rischio derivante dalla perdita di un’intera stagione, attraverso il diritto di reso”.
La richiesta è stata avanzata per l’associazione dal presidente Renato Borghi, tramite una nota stampa diffusa il 27 aprile, all’indomani della decisione del Governo di posticipare al 18 maggio la riapertura dei punti vendita al dettaglio, inclusi quelli operanti nel settore della moda.
Una scelta che piace poco agli imprenditori del retail del comparto fashion: lo slittamento, infatti, potrebbe portare per il 2020 a un calo di consumi di oltre 15 miliardi di euro, con conseguente chiusura di 17mila punti vendita e la perdita del posto di lavoro per 35mila persone. Per questo, nel comunicato di Federazione Moda Italia Borghi ribadisce quanto richiesto anche in altre occasioni: “Ora urgono liquidità vera attraverso contributi a fondo perduto, zero burocrazia e una moratoria fiscale e contributiva al 30 settembre”.
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Richieste che nascono per far fronte alla difficile situazione in cui versano le attività commerciali del fashion i cui titolari: “hanno effettuato gli acquisti dei prodotti della stagione in corso circa otto mesi fa. Questi articoli avrebbero dovuto essere messi in vendita a partire dal mese di marzo. Ad oggi, però, tutta la merce è ancora imballata in magazzino ed è destinata a rimanere in gran parte invenduta con il prolungamento dell’obbligo di chiusura. Nel frattempo, i proprietari immobiliari e i fornitori esigeranno da parte nostra il rispetto delle obbligazioni assunte che non saremo, a causa della mancanza di liquidità, in condizione di onorare come in tempo di normalità. […] Non comprendiamo questa inaspettata e inspiegabile decisione di rinviare ulteriormente l’apertura di altre tre settimane dei negozi, visto che l’Inail ha classificato il nostro settore a basso rischio e che è già operativo il protocollo del 24 aprile per la riapertura in sicurezza. E neppure comprendiamo perché sia prevista una data uguale per tutte le regioni quando invece sono molto diversi i dati epidemiologici di diffusione. Serve ripartire il prima possibile non il 18 maggio. Delusi e preoccupati, chiediamo con forza al Governo di ritornare su questa decisione […]”.